Il Cerro Chato: insegnamenti di vita in Costa Rica

Il Cerro Chato: insegnamenti di vita in Costa Rica
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“Domani pensavamo di provare a salire sul Cerro Chato, volete unirvi a noi?”. Ero seduto su uno dei sei letti che riempivano la stanza, quando invitai Victor ad accompagnarci nella nostra impresa del giorno successivo. Lui era appena arrivato in ostello, e ancora un po’ confuso, non ci pensò su due volte a dirmi di sì. 

Eravamo arrivati a La Fortuna quel giorno, dopo una notte spesa nella capitale San Jose, e da subito ne eravamo rimasti affascinati. Il villaggio aveva un aspetto completamente diverso dal caos della capitale. C’era solamente qualche automobile sulle strade, le case erano poche e sparse, il caldo quasi asfissiante. Molte persone parlavano tra loro, sedute sulle panchine del parchetto davanti la chiesa.

Tutto intorno la foresta tropicale era visibile da ogni angolo del paese. Ad osservare tutto e tutti dall’alto, svettavano orgogliosi due vulcani. Il più alto di essi, il vulcano Arenal, è certamente l’abitante più celebre della cittadina, e dà il nome al parco nazionale di cui La Fortuna è il centro più importante.

Divenuto celebre per le sue continue eruzioni, andate avanti senza sosta fino a qualche anno fa, il vulcano è attivo tutt’ora. Gli abitanti e i viaggiatori ne sono costantemente messi in guardia dalla colonna di fumo che fuoriesce dal suo cratere, e dalle numerose sorgenti termali create dall’attività vulcanica nel sottosuolo.

Accanto ad esso, meno popolare ma certamente non meno spettacolare, trova spazio il Cerro Chato, che a differenza del suo vicino è spento ormai da migliaia di anni. Le pareti di entrambi i vulcani sono completamente ricoperte da vegetazione tropicale, che continua anche sul terreno sottostante dando vita alle fantastiche immagini da cartolina del parco nazionale.

I viaggiatori che riempiono gli ostelli e gli alberghi de La Fortuna sono molti. La cittadina è infatti un luogo molto turistico, ma a mio avviso ha le sue buone ragioni per esserlo. Ci sono infatti luoghi la cui fama è divenuta talmente spropositata da sovrastarne il reale valore, luoghi in cui la ragione che li ha resi celebri è completamente venuta meno con l’avanzare della marea di turisti. Credo che La Fortuna non sia però uno di questi ultimi, e ritengo che meriti tutta la fama di cui gode.

In molti raggiungono La Fortuna in cerca di relax in uno dei molti resort nati attorno alle acque delle sorgenti termali riscaldate dal vulcano. Gli amanti della montagna e delle escursioni, al contrario, non possono fare a meno di cimentarsi con l’estenuante salita al Cerro Chato. Anche noi presto avremmo ceduto al fascino di quella sfida.

Appena arrivati a La Fortuna, dopo aver lanciato gli zaini sui nostri letti, eravamo saltati su un taxi che ci accompagnò all’entrata del parco della Catarata Rio Fortuna, la cascata. Lì, nel mezzo della foresta tropicale, mentre due scimmie giocavano sulle nostre teste e il rumore del getto d’acqua cominciava a sentirsi in lontananza, abbiamo intravisto l’entrata alla riserva Laguna Verde.

“Da lì si sale sul Cerro Chato. In cima, all’interno del cratere estinto, si è formato un lago in cui è possibile nuotare. La salita è però molto difficile, non tutti ci riescono”. Le parole del tassista risuonarono nelle nostre orecchie per il resto di quella giornata, ed era ormai sera quando decidemmo che il giorno successivo avremmo affrontato la scalata. È così che conoscemmo Victor e, successivamente, il resto dei nostri compagni di stanza.

La mattina successiva ci svegliammo tutti di buonora, al suono del cinguettio degli uccelli. Il sole già alto nel cielo, nonostante il fresco venticello che sfiorava la pelle, lasciava presagire una giornata molto calda. Dopo un’abbondante colazione salimmo nuovamente su un taxi e ci dirigemmo verso la Laguna Verde. Raggiunto l’entrata ci registrammo, pagammo la quota di ingresso, e iniziammo la nostra salita.

Bastarono pochi passi per rendersi conto che il tassista non scherzava quando ci disse che la salita era molto difficile. Nonostante il terreno fosse ancora ricoperto completamente d’erba e la vegetazione molto rada, la pendenza era molto elevata. La vista dalla parete del vulcano cominciò a farsi molto bella, e fu solo dopo pochi minuti che vedemmo un colibrì guizzare tra i fiori colorati.

Le specie di uccelli erano molteplici, così come le persone andate lì per osservarli. Abbiamo avuto la fortuna di incontrarne qualcuna, che ci aiutò ad osservare i volatili dalle piume colorate. Più camminavamo e più la salita si faceva intensa, più ci avvicinavamo alla cima e più la vegetazione diveniva fitta, fino al punto in cui la giungla con i suoi suoni, odori e colori ci circondava completamente.

A quel punto la salita si fece veramente estenuante, per quanto affascinante. Il sentiero esisteva a malapena, ricoperto come era dal fango e dalle sinuose radici degli alberi. Il sole sparì quasi completamente, e la temperatura si abbassò notevolmente. Cartelli indicavano la direzione per la Laguna Cherro Chato. Forse ci stavamo avvicinando alla meta, pensammo.

Nel frattempo continuavamo a parlare con i nostri compagni di viaggio appena conosciuti. Compiere imprese del genere insieme non può che facilitare la nascita di relazioni interpersonali. Dopo un paio d’ore era come se ci conoscessimo da una vita, come se l’intero viaggio fosse stato progettato insieme.

Dopo un’ora spesa a salire il sentiero fangoso con l’aiuto di rami, tronchi e radici, giungemmo finalmente in cima, e fummo ricompensati da una vista impagabile del vulcano Arenal. Non era possibile averla da nessun altro luogo. Allo stesso tempo ci rendemmo conto che la camminata non era finita lì, e che per giungere al tanto agognato lago avremmo dovuto faticare ancora.

Da lì lo vedevamo, con il suo colore verde sgargiante. Ma la Laguna Verde si era formata all’interno di un cratere vulcanico. Una volta arrivati in cima bisognava dunque scendere un po’ per raggiungere la nostra destinazione. La mezz’ora seguente fu la più difficile ed estenuante di quel giorno. Il sentiero era praticamente inesistente, la parete, ricoperta dal fango, quasi verticale.

Quando la propria mente e il proprio corpo sono messi alle strette sono in grado di compiere azioni che riteniamo impensabili, e dopo minuti interminabili, con le braccia e le gambe doloranti e ricoperte di fango, giungemmo sulla riva del lago verde brillante. Il bagno che seguì fu il più rinfrescante che abbia mai avuto, le sue acque rinvigorirono i nostri corpi e le nostre menti. Ce l’avevamo fatta, eravamo arrivati alla fine.

Quella giornata rimarrà sempre una delle più memorabili della nostra vita. Ci siamo spinti ad un limite che personalmente ritenevamo irraggiungibile, abbiamo visto luoghi magnifici ed avuto un’esperienza unica. Inoltre abbiamo conosciuto persone che ora sono nostri amici, e con cui ci siamo visti più volte, in Costa Rica e non.

Il viaggio è come la vita, bisogna cogliere le occasioni che ci si presentano davanti, senza mai tirarsi indietro. Anche quando qualcosa ci sembra impossibile bisogna sempre mettercela tutta. Solo così si riesce a vivere pienamente, solo mettendosi alla prova si riescono a creare cose stupende, che durano per sempre. Questo, e molto altro, lo abbiamo imparato sul Cerro Chato.

 

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Manuel D'Antonio

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