Luci e ombre di Hong Kong

Luci e ombre di Hong Kong
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Al calare del sole le luci al neon iniziano a riflettersi sulle pozzanghere, i mercati serali iniziano la loro attività frenetica, e l’onnipresente miriade di persone continua ad affollare le strade. La città si accende letteralmente, diventa uno spettacolo di luci, sia nei vicoli di Kowloon che nelle strade piene di grattacieli sul pelo dell’acqua.

Camminare di sera per le strade di Hong Kong dà luogo ad un turbinio di sensazioni ed emozioni difficili da distinguere. Non ci sono vie di mezzo lì, o sei nel flusso o te ne tiri fuori. E una volta dentro non hai tempo per pensare, non hai nulla a cui aggrapparti, non puoi fare altro che seguirlo. Hong Kong è un luogo terribilmente affascinante, le cui radici affondano in una storia non troppo lontana.

 

Intorno alla metà del XIX secolo la dinastia Qing che governava la Cina combatté un’intensa guerra contro l’allora impero britannico, conosciuta come Prima Guerra dell’Oppio. Alla fine della guerra vennero firmati dei trattati che tra le altre cose cedettero l’isola di Hong Kong al Regno Unito.

Allora l’isola era popolata per lo più da contadini e pescatori, e puntellata da piccoli villaggi sparsi sulla sua superficie. Oggi è uno dei luoghi più densamente popolati del pianeta, e ospita uno dei centri economici più importanti della Terra.

Anche quando venne restituita alla Cina e ne divenne una regione autonoma, Hong Kong aveva ormai assimilato quanto più possibile dai colonizzatori, senza però perdere il suo spirito cinese. La combinazione di questi due aspetti dona ad Hong Kong il suo fascino unico. Difficile trovarne uno simile in altre parti del mondo. L’insieme di modernità e tradizione qui è pazzesca.

Hong Kong è infatti la città al mondo con il maggior numero di grattacieli. I giganti di vetro e acciaio sono da qualsiasi parte si giri la testa. Una prima occhiata di Hong Kong fa pensare ad una città dal progresso inesorabile, avente come unico obiettivo quello di prevalere sulla concorrenza spietata del mondo, lasciandosi il passato alle spalle.

Ma osservando le cose più da vicino ci si accorge che questa spiegazione non potrebbe essere più lontana dalla verità. Hong Kong porta con orgoglio il suo passato con sé, il suo essere allo stesso tempo figlia dell’Oriente e dell’Occidente. E quando si abbassa la testa verso terra si nota come proprio nello spazio tra un grattacielo e l’altro non è raro trovare un orologiaio che svolge il suo mestiere per strada alla vecchia maniera.

Nello stesso edificio dove businessmen spietati decidono il corso dell’economia mondiale potrebbe esserci un angolo dove una vecchia signora serve da decenni cibo da strada ai suoi clienti, tra cui magari gli stessi uomini in giacca e cravatta. È infatti molto probabile che due luoghi così diversi si trovino l’uno accanto all’altro, ad Hong Kong.

Non c’è abbastanza terra per costruire, quindi gli edifici si sviluppano verso l’alto. All’interno di essi non ci si fa scrupoli a sfruttare tutti i millimetri a disposizione. Ogni grattacielo di Hong Kong diventa così un mondo a se stante, avendo al suo interno case, negozi, supermercati, alberghi, ristoranti e tutto ciò a cui si possa pensare.

Ma come spesso accade, anche dietro il fascino di Hong Kong si nascondono delle ombre. Lo spazio abitativo rappresenta un problema molto serio, che costringe molta gente a vivere in uno spazio di molto inferiore a quello di cui avrebbe bisogno.

È proprio per discutere di questo argomento che abbiamo conosciuto Yee Shan, o Isa, come sceglie di farsi chiamare da noi due per facilitarci le cose. Isa è una figlia di Hong Kong che ha più o meno la nostra età, lavora da anni nella sezione amministrativa di una ditta di disinfestazione, ma ha scelto di continuare a vivere con i suoi genitori per ammortizzare le spese di tutti.

Isa e i suoi genitori vivono nella parte occidentale di Hong Kong, dove condividono un appartamento di 35 metri quadrati. Isa ci racconta di come questa sia una situazione piuttosto comune, e di come loro non si ritengano sfortunati. “Qui ci sono molte persone che vivono in spazi molto minori, gli affitti aumentano continuamente, e per sopravvivere devono spostarsi in case sempre più piccole”.

Lo stesso problema è stato trattato in modo molto efficace dagli studenti della Hong Kong City University, in un workshop intitolato “Space in Hong Kong”. Mediante una serie di installazioni i ragazzi hanno cercato di trasmettere le sensazioni provate da molti abitanti, che si vedono sottratti del loro spazio privato e invasi nello spazio pubblico.

La carenza di spazio ha dato vita a edifici molto particolari, come nel caso del noto Yick Cheong Building, enorme complesso residenziale costituito dall’insieme di cinque condomini, e conosciuto nel mondo come “Monster Building”. Osservando l’edificio dal basso ci si sente effettivamente oppressi, come se da un momento all’altro tutto potesse caderti addosso, schiacciandoti.

Definirlo un mostro ci sembra però una cosa inappropriata, una mancanza di rispetto verso chi lì dentro ci vive la propria vita, esce da quel luogo tutte le mattine e ci dorme la notte. Una mancanza di rispetto verso chi ogni giorno vede orde di curiosi entrare nel cortile di casa propria solo per definirla un mostro, per scattare una foto e dimostrare a tutti quanto miserabile sia la vita di chi ci vive.

Ma a pochi minuti da tutto questo, Hong Kong ha anche tanti angoli nascosti dove sentirsi il più lontano possibile dal trambusto della città. Alcune delle isole comprese nel suo territorio, come Lamma e Lantau, possono infatti essere dei veri paradisi di quiete dove i colori più presenti sono il blu del mare, l’azzuro del cielo e il verde della foresta.

E ancora, le tracce del passato popolato da pescatori non sono affatto scomparse. Villaggi come quello di Tai O sono infatti uguali a come erano un tempo, con piccole case di lamiera poggiate su palafitte, le porte delle case spalancate e uomini e donne che vivono la loro vita in modo semplice. Anni luce di distanza dai neon della metropoli.

L’enorme diversità di Hong Kong, la coesistenza di passato e futuro presente nelle sue strade, il verde delle isole e il vetro e l’acciaio dei grattacieli, la gente, Isa, i ragazzi della Hong Kong City University, l’orologiaio e il venditore di spiedini, il villaggio di pescatori. Tutto questo ha fatto nascere in noi ad una interessante riflessione su cosa consideriamo casa.

Ci sono alcuni che non sono soddisfatti dello spazio che hanno e altri che non si lamentano di averne uno più piccolo. Ci sono poi persone come noi che non si accontentano di averne una, di casa, ma ne cercano in ogni posto dove vanno.

Perché dopo tutto la casa è la cosa più personale che esista, non è un luogo fisico e materiale ma piuttosto l’insieme di sentimenti e sensazioni associati ad esso, l’amore incondizionato che ci fa provare. E se la casa è questo, allora qualunque posto può esserlo per noi, una casa. Non importa dove siamo, non importa quanto grande, non importa la distanza, casa è ciò che abbiamo nel cuore.

 

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Manuel D'Antonio

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